“Il mio amico Righel”
Amici carissimi, è da tempo che desidero mettere un po’di ordine ai miei ricordi e di raccontarvi come è iniziata la mia vita da addestratore.
La mia più grande passione è quella verso gli animali, in particolar modo i cani per i quali nutro un sentimento oserei dire paterno.
Fin dall’infanzia ho avuto cura degli animali, quelli da stalla e quelli piccoli che si trovavano nei campi.
Mi piaceva isolarmi per fare lunghe passeggiate, ammirare la natura ed osservare tutti i piccoli esseri che la popolavano. Le lucertole mi incantavano per la loro velocità e per la coda che tagliata ricresceva biforcuta, gli uccelli liberi di volare e ammaliatori col loro canto, ma specialmente i cani destavano la mia attenzione!
A contribuire a questa passione ci furono le serie televisive dedicate ad alcuni cani intelligentissimi: “Rin Tin Tin”, il pastore tedesco coraggioso e affascinante, “Lassie , la femmina di cane Rough Collie, “La gang dei 7 Dobermann” in cui suspence e umorismo di quei magnifici Doberman, mi bloccavano davanti la televisione.
Fu proprio un Dobermann il mio primo cane!
Nonostante siano passati moti anni dalla sua morte, ho tutt’oggi un ricordo molto lucido e avverto ancora un profondo affetto.
L’acquistai, con i primi sudati risparmi, a 18 forse 19 anni; all'epoca facevo qualche lavoretto nel negozio di ottica, a via Roma, da Enzo Foraggio, lo aiutavo a sistemare delle montature e mi rendevo utile per altri servizietti. Contemporaneamente studiavo un po' con i Testimoni di Geova, interessato ad alcuni aspetti della religione.
Negli anni ’70 era opinione comune che i cani Dobermann avessero una scatola cranica troppo piccola per poter contenere un cervello in continua evoluzione e quindi addirittura potesse esplodere, facendo impazzire il cane e rendendolo cattivo e mordace.
Acquistare questo cane, che appariva pericolosissimo, fu per me una grande sfida.
L’annuncio, della vendita della cucciolata, lo trovai su “Fiera Città” e l’incontro con il venditore, me lo ricordo come se fosse ieri, avvenne a Saviano, in un portone. Lo pagai trecentomila Lire e la somma la racimolai con i miei risparmi e con l’aiuto di papà.
Io ero spericolato, iperattivo, niente mi fermava, come si suol dire “Ievi truvanne chi m’accideva” ed addestrare quel cane era per me la conquista più importante. Cominciai così la mia prima esperienza educativa con i cani.
Si chiamava Righel, era bello, aveva un pelo nero e lucente, intelligente e fedele.
Imparava presto, con me faceva di tutto, partecipava alla mia vita quotidiana, era il mio compagno fedele, più degli amici che, a volte, mi deridevano per ignoranza, per le mie condizioni fisiche.
Righel era come un essere umano, capiva tutto ciò che gli dicevo. Aveva imparato ad andare a prendere le chiavi da papà, che stava raccogliendo le noccioline in campagna, e me le portava vicino al capannone dove c’era un allevamento di conigli.
Papà, con lo sguardo lo seguiva estasiato e mi diceva che, se fossi stato bravo a scuola come lo ero con i cani, lui sarebbe stato l’uomo più felice del mondo.
C’era un signore, “Zi’ Antonio Sodano” che aveva un consorzio ed era solito portare il mangime al campo delle noccioline. Io avevo insegnato al mio cane di avvisarmi quando lui arrivava e di portarmi le chiavi, mentre, tranquillamente, stavo giocando a pallone nel cortile. Le sue capacità andavano oltre, infatti correva anche a prendere le chiavi nella mia macchina, quando glielo chiedevo; mi saltava sulle spalle, faceva la serpentina, eseguiva esercizi di obbedienza che meravigliavano tutti, era diventato una leggenda e mi chiamavano “Lell dei cani” “Lell che parlava coi cani”. Questo risale a più di trent’anni fa! Sebastiano Sapio, un caro amico anch’egli molto appassionato di animali, fu testimone di tanti episodi delle capacità di Righel.
M’inventai tanti esercizi per addestrarlo e avendo i miei fratelli in Germania, imparai anche alcuni termini per dare il comando in tedesco che risulta una lingua più dura e gli dicevo: “Achtung” “Stai attento”, “Pass auf” “Attento”, “Vedi chi è” “Aggredisci” “Abbaia”.
Preparai anche un pupazzo con le sembianze umane che simulava un malfattore, poiché i miei amici avevano paura di stuzzicare Righel.
Questo pupazzo lo avevo appeso su un albero di noccioline, per incitare Righel all’attacco lo prendevo e fingevo un attacco per la difesa e la guardia.
Righel mi affiancava anche per l’approccio con altri cani aggressivi, facevo con lui la comparsa e pur essendo un cane maschio, non andava in aggressività con gli altri cani. Era diventato il mio compagno di vita, ho passato con lui la mia giovinezza ed è stato il mio primo cane che ho addestrato, in maniera schietta e naturale, senza aver avuto conoscenze di cinofilia, ma come un dono naturale.
Avevo uno zio, guardiano in una fabbrica di medicinali a Pomigliano d’Arco, che aveva mastini, cani da presa, ed io molte volte gli facevo da figurante per simulare un malfattore e stuzzicavo questi mastini. Fui anche morso ad un polpaccio ed ancora oggi ho la cicatrice ben evidente. Queste esperienze mi hanno fortificato e preparato ad affrontare il mondo della cinofilia.
Un altro cane che fa parte della mia storia di addestratore è stato un pastore tedesco, Tito di casa Rosy, che io chiamavo Max. Mi fu regalato da un amico di Somma, aveva il pedigree e lo feci partecipare anche all’esposizione Internazionale di Napoli.
A volte nel periodo estivo, li tenevo assieme nell'appartamento dove abito adesso.
Allora era vuoto e i due cani, che all’esterno giocavano pacificamente, appena entravo in casa, se le davano di santa ragione. Dovevo intervenire per separarli, erano gelosi l’un dell’altro e del territorio che occupavano.
Gli ero molto affezionato ed anche lui, come Righel, mi è rimasto nel cuore.
All’inizio, gli incontri con le persone che volevano consigli sui cani, avvenivano nel cortile di casa. Non avevo nemmeno i soldi per comprare un rotolo di rete per recintare lo spazio dove poter lavorare con i cani. Non c’era l’associazione, ma poiché si era diffusa la voce che con i cani ci sapevo fare, le persone intervenivano fiduciose per ricevere alcuni consigli. Ricordo con affetto il dottor Carlo Calabrese che aveva un Rottweiler di nome Brutus, Francesco Miranda di Sant’Anastasia, Pasquale Piccolo col figlio Salvatore che aveva un bel pastore tedesco di colore nero, il meccanico Natalino di Santa Maria del Pozzo, loro sono stati i primi amici a partecipare agli incontri per educare i propri cani.
Un altro caro ricordo è legato ad un gatto: Poldo Strisciato Scocciante Affascinante Esposito, già tutti questi appellativi lo rendevano quasi nobiliare!
“Poldo” era il suo nome; Strisciato perché era tutto rosso con striature più scure; “Scocciante” perché era uno scocciatore unico, in continuazione veniva accanto per chiedere coccole o fare le fusa; “Affascinante” perché era il gatto più ammaliante che ci potesse essere (mamma e mia sorella ne erano letteralmente innamorate!); “Esposito”è il cognome di famiglia.
Aveva imparato ad aprire la porta, usciva per i suoi bisogni o per cacciare animali. Puntualmente lasciava i suoi trofei sull’uscio di casa: topi, lucertole, uccelli, rospi.
Erano le sue prede che voleva condividere con noi, la sua famiglia.
Saltava sulla maniglia ed apriva la porta. Il nostro “Chi è, chi è?” echeggiava nella stanza e lui orgoglioso muoveva la sua coda e fiero si accovacciava vicino al camino.
Quei momenti dolcissimi sono rimasti nella mia mente e mi hanno lasciato un ricordo meraviglioso che voglio condividere con voi.
La mia esperienza professionale, legata a molti anni di duro lavoro nel mondo della cinofilia, nasce in maniera semplice, con passione ed amore verso gli animali.
Ci ho tenuto a scrivere la mia storia di “Lell che parla coi cani” e di Righel divenuto leggenda, perché fanno parte del mio passato che non potevo tenere solo per me.
Vivendo con Righel ho imparato tanto, in effetti ho imparato le basi di un buon educatore cinofilo. I cani, come tutti gli altri animali, vanno rispettati, noi non possiamo pretendere che loro pensino come noi, ma noi dobbiamo pretendere di pensare come loro. L’allenamento deve essere costante, paziente e attento. Bisogna essere in sintonia con i cani, ma allo stesso tempo forti e determinati.
Il mio lavoro è subdolo, pieno di insidie, ma allo stesso tempo gratificante e naturalistico. Mi ritengo fortunato di avere oggi tanti soci che mi sostengono e che affidano i loro pelosi al mio operato, ma il grazie più grande lo devo al mio amico RIGHEL che mi ha dato amore e compagnia incondizionati!
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